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La nascita dello psicodramma
di Sabina Manes e Massimo Crescimbene


Moreno, protagonista della moderna psicologia, irrompe nella scena - politico culturale del suo tempo - portando lo stesso scompiglio che il suo psicodramma portera' alle tradizionali tecniche della psicoterapia.
Psichiatra nella Vienna del primo dopoguerra, affascinato delle teorie di Pestalozzi, Froebel e Rousseau si sofferma nei giardini insieme a gruppi di bambini che affascina con le sue capacita' di entrare in un mondo fantastico, reale ed irreale allo stesso tempo, nell'affannosa ricerca della spontaneita', creatrice di valori autentici.
In lotta perenne contro gli stereotipi culturali e la robotizzazione umana lavora nelle istituzioni psichiatriche, nelle carceri, con le prostitute, per contribuire a risolvere i problemi sociali, razziali, politici ed economici.
Nel 1921 il suo Teatro improvviso contesta il teatro tradizionale, la fissita' dei ruoli interpretati dagli attori e la passiva fruizione degli spettatori.
Moreno sperimenta la spontaneita' del teatro.
Davanti al pubblico si fabbricano e si dipingono maschere.
Il drammaturgo compone il testo senza una forma scritta definitiva.
L'attore diventa creatore del suo personaggio.
Il pubblico e' invitato a reagire e interagire liberamente.
Il Teatro spontaneo realizza l'identita' hegeliana, il soggetto e l'oggetto, la persona e le sue idee, si fondono insieme nella rappresentazione.
Moreno afferma: l'illusione di un mondo reale e' altrettanto importante della realta' di un mondo di illusione.
In questo periodo egli scopre l'importanza del pubblico che coinvolge in modo diretto nella rappresentazione teatrale, gli sviluppi di questa nuova prospettiva daranno inizio alla terapia di gruppo.
Solo piu' tardi Moreno comprende la funzione terapeutica del teatro, quasi per caso, attraverso l'esame delle ripercussioni personali della recitazione teatrale di un una sua brava e giovane attrice: Barbara.
Nell'esperimento del Giornale Vivente, Barbara metteva in scena fatti di cronaca interpretando sempre ruoli di donne ingenue ed eroine romantiche.
Ma il marito Georg, chiese aiuto a Moreno e gli confesso' che nella vita coniugale, Barbara era una donna aggressiva, violenta e sboccata.
Moreno, allora, le propose di cimentarsi in situazioni drammatiche come quella di una giovane prostituta aggredita e uccisa in quei giorni, Barbara supero' se stessa interpretando una parte aderente al suo carattere e alla sua conflittualita' interna.
Per mesi Moreno continuo' ad assegnare alla donna ruoli violenti e drammatici finche', lo stesso Georg, confermo' che Barbara, nella vita privata e coniugale, aveva cessato gradatamente di avere accessi di rabbia e di mettere in atto i comportamenti lesivi al rapporto di coppia.
Il Teatro, aveva avuto la funzione di una terapia: era la nascita dello psicodramma.
Si riporta ora, in conclusione, la trascrizione, liberamente tratta da una scena di psicodramma analitico esistenziale, dal titolo Doppio viaggio.
Le scene dello psicodramma analitico esistenziale si giocano, per consegna, con animali ed oggetti.
L'idea e' quella di stimolare la spontaneita' e la creativita' presente in ognuno di noi, liberando le nostre capacita' espressive, utilizzando personaggi non umani.
Il testo si ispira al mito dell'Odissea e al suo protagonista: Ulisse.
La storia parte dall'assenza di Ulisse e pone al centro del lavoro i suoi compagni, rappresentati nella scena dagli oggetti personali di Ulisse, con le loro storie, le debolezze, i punti di forza, il progetto di vita.
La scena, che e' stata realmente giocata in un gruppo di psicodramma analitico esistenziale, si intitola "il chicco di caffe'" e ci avvicina ai temi collegati al viaggio.
Si tratta di un viaggio che si svolge in due direzioni: la direzione di chi si muove da un luogo per raggiungerne un altro; e la direzione di chi pur non muovendosi affatto compie comunque un viaggio dentro se stesso.
Per rendere il testo piu' leggibile sono stati adottati alcuni accorgimenti letterari.
I personaggi parlano in prima persona.
La scena, quindi, non viene raccontata da un osservatore esterno, ma si racconta da se', attraverso i personaggi.

Doppio viaggio
(di M. Crescimbene e M. Veronica)
Antefatto:
Finita la guerra di Troia, sulla spiaggia dell'accampamento degli Achei, Ulisse non fa ritorno alla sua tenda.
Nella tenda di Ulisse ci sono i suoi effetti personali: una Bacchetta magica, un Cilindro, un Guanto, un Tappeto volante, un Velo.
Cilindro
Ulisse non e' tornato.
Ho perso la speranza.
Che sia morto?
Ed ora io, che sono il cilindro, che faro' senza di lui?
Quando ero su di lui, poggiato sul suo capo, fiero, ero padrone del mondo.
Ettore, Achille, persino Agamennone erano miei pari ed io potevo guardarli dall'alto in basso perche' alta era la considerazione che essi avevano di me.
Io sono il cilindro.
Tra voi quello che e' stato piu' vicino alla sua mente eccelsa.
L'intelligenza, cos'e' l'intelligenza?
L'intelligenza puo' tutto, io posso tutto.
Vedrete, inventero' qualcosa: "vedrai Bacchetta".
"Tu sarai anche magica, ma io sono astuto, furbo, eccelso".
Cogito ergo sum. Se non e' tornato certamente aveva un piano, un progetto.
Se scoprissi il suo progetto rincontrerei Ulisse, ma forse, anche se non lo incontrassi, potrei fare a meno di lui e avrei comunque un progetto.
Qual e' il progetto?
Qual e' il mio progetto?
Certo che la magia sarebbe un grande potere unita all'astuzia.
Bacchetta magica
Ulisse non e' tornato.
E questo dannato Cilindro si e' messo in testa di sostituirlo, si crede Ulisse.
Si', sara' pure intelligente, furbo, astuto perfino.
E allora?
Vediamo dove lo portera' la sua intelligenza.
Un progetto, un progetto non e' fatto di sola testa, ci vuole cuore e il cuore dell'uomo e' magia.
Io sono magia.
Non una semplice bacchetta, ma una bacchetta magica.
Una bacchetta che puo' dare la vita, una bacchetta che puo' far scaturire la vita dalle cose piu' semplici.
Tuk, ed ecco qua un bel coniglio.
Tuk, ecco la sua coniglietta.
Tuk.
Ed ora amatevi.
Ah, l'amore, che magia.
Pero', concordo con lui, con quell'altezzoso Cilindro, ci vuole un progetto.
Un progetto capace di esaltare la sua intelligenza.
Un progetto capace di esaltare la mia magia.
Un progetto!
Tappeto volante
Progettate, progettate pure, ma senza di me non si va da nessuna parte.
Io sono il "mezzo".
Io sono il tappeto volante.
Il volo e' la mia conquista.
La terra, mia madre.
Il cielo, mio padre.
Quante volte ho accolto Ulisse nella mia morbida tela, stanco, ferito.
Quante volte ho cullato il suo sonno, accompagnato i suoi sogni, le sue fantasie, i suoi progetti.
Ma questo non e' bastato, questo non sarebbe bastato senza il volo.
E allora abbiamo volato.
Volato sul mare, volato sulla terra, sull'alta cima di quelle montagne avvicinandoci al sogno.
Sogno della realta'.
La realta' del sogno.
Quale scegliere?
Senza di me non e' possibile scegliere perche' io sono il "mezzo".
Io sono quel ponte che unisce l'immaginazione alla realta' del progetto.
Velo
Io sono il velo.
Io sono il mistero.
La bellezza della vita.
Intelletto, magia, mezzo, ma cosa resta in fondo dell'uomo?
Il mistero, solo il mistero.
Il mistero e la sua bellezza.
E allora portatemi con voi e scoprirete il mistero della vita, la bellezza della vita.
Cos'e' la vita, un percorso cromatico, un insieme di colori cangianti.
Il buio del nero, il viola della scelta, il rosso della nascita, il giallo del sole, l'arancio del tramonto, il blu del cielo, e di nuovo il blu del cielo cangiante nel mare, e il verde dell'acqua che si fonde col sole e nasce la terra, bruna, marrone di vita, bruciata dal giallo, bagnata dal blu, che lascia posto al viola putrido, per arrivare nuovamente al nero, al mistero del nero.
Portatemi con voi o le vostre vite e la mia perfino non avranno senso.
Guanto
Le sue mani, quanto mi mancano le sue mani.
Cosi' belle, forti, impazienti, mai ferme.
Quanto si puo' leggere nelle mani di un uomo.
La sua vita, il suo lavoro, i suoi affetti.
Il suo amore soprattutto.
Perche' un uomo che ama ha delle mani che amano.
Tutto cio' che tocca, sfiora, prende, dice tutto di lui e del suo amore per la vita.
Ulisse era cosi' ed io ho potuto impregnarmi di lui, del suo tocco, della sua pelle, della sua forza.
Questo e' il progetto.
Avvicinarci, sfiorare per arrivare a toccare cio' che amiamo, un filo d'erba, un fiore, la corteccia di un albero, la sua anima infine.
Cerchiamo un seme, cerchiamo una terra, che sia fertile, adatta ad accogliere la vita.
E tocchiamo, il seme, la terra, un tenero virgulto, una piccola pianta.
Tocchiamo l'anima della vita.
Questo e' il nostro progetto.
Ponte levatoio
Li vidi arrivare da lontano.
Una ben strana compagnia.
Trasportati da quello che sembrava essere un Tappeto volante, un Guanto, un Velo, una Bacchetta e un Cilindro.
Una strana compagnia ma soprattutto male assortita.
Il cilindro dritto e impettito che sembrava capire e pensare ogni cosa.
Ma a cosa mai pensava ancora me lo chiedo.
Una bacchetta, piantata a mo' di timone a poppa del tappeto, pronta a tutto ma incapace di governare la nave.
E poi quel velo cosi' futile, inutile, quasi disinteressato ad ogni cosa.
Solo bello, cangiante di colori, di una varieta' indescrivibile di colori che a guardarlo intensamente ci si poteva perdere.
E forse mi persi, perche' quando il guanto con sicurezza mi disse: "Buongiorno, Ponte levatoio. Lasciaci entrare nel castello, perche' lungo e periglioso e' stato il viaggio".
Io non dissi nulla.
Mi abbassai come per magia e pensai: "Che mistero e' la vita".
E fu cosi' che assistetti a tutto quello che accadde dopo.
Entrarono nel castello e subito, magicamente, si diressero nelle cantine piu' profonde dove mai nessuno, almeno fino ad allora, aveva mai avuto accesso.
Ma la cosa ancora piu' incredibile fu quello che trovarono nelle cantine.
Un profumo, un odore, un piccolo rumore, un contatto.
Un piccolo seme che subito, sentendosi scoperto, trovato, ritrovato, amato, li accolse.
Chicco di caffe'
Sono il chicco di caffe'.
Tanto tempo ho passato in questa terra, e a volte e' stato difficile, sarei voluto uscire fuori.
Ma sapevo che dovevo aspettare.
Ho attraversato la paura di non attecchire, la paura di non crescere, lo sgomento dei giorni senza luce.
A volte avrei voluto morire pur di porre fine all'attesa.
Ma sapevo che dovevo aspettare.
Sentivo i giorni che passavano, le forze dentro di me aumentavano, e con le forze l'impazienza di diventare pianta.
Ma sapevo che dovevo aspettare.
Ho sentito l'acqua che mi dava da bere, ho sentito il calore della terra nella quale crescevo, ho sentito il tempo che passava.
Volevo uscire fuori e diventare pianta.
Ma sapevo che dovevo aspettare.
Sentivo le radici che uscivano dal mio corpo ed entravano nel corpo di questa terra che mi ha nutrito e protetto come una madre.
Sarei voluto uscire per farle vedere che bella pianta aveva allevato.
Ma sapevo che dovevo aspettare.
Poi ho sentito che stavate arrivando, e ho capito che avevo fatto bene ad attendere, che era arrivato il momento giusto per metter fuori le prime foglioline, che con voi accanto il gelo non mi avrebbe ucciso, il vento non mi avrebbe strappato via e che con il vostro aiuto e le vostre cure sarei diventato quella stupenda pianta che devo essere, come e' scritto nel mio destino da sempre, da quando le stelle sono apparse nell'universo e quella chiamata sole ha cominciato a scaldare questa terra.
Non lo sapevo, ma dovevo aspettare voi.