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La Metapsicologia dei Neuroni
di Riccardo Fesce


Riccardo Fesce
Centro di Ricerca in Neuroscienze, Universita' dell'Insubria, Busto Arsizio e Unita' di Biologia Teorica, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano

Che cosa ci guida?
Nella filosofia classica l'essere vivente e' visto come un sistema che persegue il suo benessere naturale.
Dunque il suo comportamento e' guidato dall'esigenza primaria di preservare la propria vita, ricercare cio' che lo fa stare bene e fuggire da cio' che lo fa soffrire.
Anche l'uomo e' guidato dalle stesse forze, e benessere e felicita' non possono che essere la conseguenza di una sapiente ricerca di cio' che per noi e' davvero naturale e benefico.
La scuola stoica forse piu' chiaramente di altre sottolinea questo stretto legame tra la sapienza e la felicita', guardando alla filosofia come strumento per la ricerca del benessere e di conseguenza come unica vera "terapia dei mali dell'anima" - "Si tenga almeno questo per certo, che non vi sara' mai fine alle nostre sofferenze, se l'anima non verra' sanata, cosa che non si puo' fare se non con la filosofia, per cui a lei volgiamoci perche' ci curi" (Cicerone, Dispute Tuscolane, III, 13).
In questa visione la felicita', e il comportamento etico, altro non sono che il risultato di una corretta analisi della natura, della vita, di se'.
"Praticare il bene e' un affare. Se l'uomo non lo persegue e' solo perche' non ha la minima idea di dove si trovi il bene. Pertanto non e' malvagio ma ignorante" (Socrate).
Puo' sembrare una frase ad effetto, un sofisma, che nasce dalla semplice osservazione di quanto sia profonda e pervasiva la sensazione di benessere ed equilibrio interiore che consegue alla consapevolezza di aver agito per il meglio, e d'altro canto quanto sia precario e fasullo il perseguimento di un "benessere" non accompagnato da questo stato d'animo.
Ma in questa affermazione vi e' qualcosa di piu', e' implicita una intera teoria sulle motivazioni del comportamento umano, una prima proposta di metapsicologia: la valutazione consapevole della realta' delinea e guida l'interpretazione del vissuto, l'attribuzione di valore affettivo, il quadro motivazionale e i criteri di comportamento.
La problematica si riduce alla correttezza della percezione, dell'analisi, della interpretazione, dell'elaborazione di una strategia comportamentale.
Per quanto limitata possa apparire questa argomentazione, dobbiamo ammettere che la scelta dell'oggetto di investimento affettivo e' cruciale per il benessere psicologico.
Non si da' persona piu' saldamente "felice" - serena, equilibrata, armonica - di chi creda in cio' che pensa e fa; viceversa, gran parte dell'infelicita', e dei disturbi di personalita', si possono ricondurre ad un investimento affettivo su qualcosa che ci e' stato tolto o non si puo' avere, sull'impiego di strategie sbagliate per ottenerlo, o sulla scelta sbagliata di un oggetto di desiderio, che non e' in grado di offrire le gratificazioni che ce ne aspettiamo.
Ma come mai allora sbagliamo tutti, tanto spesso e tanto gravemente?
La grande rivoluzione freudiana nasce dalla osservazione che l'attenta analisi del vissuto consapevole evidenzia salti logici, nessi mancanti, discontinuita' e punti oscuri, e di qui egli ricava la necessita' di un ambito diverso - inconscio - nel quale si svolge la elaborazione del vissuto piu' rilevante ai fini dell'orientamento del comportamento, un ambito dal quale le forze motivazionali che ci muovono emergono alla coscienza gia' formate, come risultato di conflitti di forze vitali - pulsioni - inconsapevoli e irrazionali.
Pur con tutte le critiche che le varie scuole moderne hanno sollevato alla impostazione freudiana - forse la piu' fondamentale viene dalla fenomenologia, che rivendica la individualita' e specificita' del soggetto rispetto a un quadro comune, universale, predefinito, di meccanismi simbolici e operativi - essa ha decisamente divelto l'aurea e ottimistica metapsicologia classica, sottraendo alla filosofia e alla sapienza, e in generale alla razionalita' consapevole, il ruolo di protagonista assoluto del vissuto e del controllo comportamentale, che pur quando appare elaborato consapevolmente e razionalmente e' comunque sospinto, intralciato, ingannato da pulsioni che restano nascoste.
Accostandoci agli albori delle neuroscienze, incontriamo una notevole consonanza tra le prime osservazioni sulla base neurale delle emozioni e le elaborazioni freudiane.
Studiando il ruolo dell'ipotalamo Harvey Cushing, nel 1929, scrive: "Qui in questo recondito sito, non piu' grosso di un'unghia, si nasconde la vera sorgente dell'esistenza primitiva - vegetativa, emotiva, riproduttiva - sulla quale l'uomo e' giunto, con maggiore o minor successo, a sovrapporre una corteccia di inibizioni".
Una visione nella quale le forze motivazionali richiamano le pulsioni freudiane, intese essenzialmente come forze, energie, tensioni (per nulla razionali o consapevoli) generate da scostamenti da una situazione di equilibrio e pace.
Rispetto alla antica visione socratica, appare emergere una contrapposizione piuttosto decisa: all'idea di un sistema di controllo motivazionale volto alla ricerca del benessere e guidato da una razionale valutazione di cio' che e' "bene" e del "piacere" opportunamente perseguibile, si contrappone la visione di un controllo guidato da pulsioni e urgenze tutt'altro che razionali, alle quali l'Io (o la corteccia, nel linguaggio di Cushing) deve contrapporre un freno per poter elaborare strategie comportamentali valide e conseguire un equilibrio psichico.
Un sistema di controllo motivazionale guidato dal piacere, dunque, contrapposto a un sistema spinto dal bisogno.
L'interesse di questa contrapposizione e' che ci guida a immaginare che forse entrambe le prospettive contengono del vero, che forse il controllo del comportamento e' basato sia sul bisogno di allentare tensioni pulsionali, sia sul perseguimento attivo - non compulsivo - di una condizione di benessere, del piacere.
E la sorpresa, se di sorpresa si puo' parlare, e' che la neurobiologia ci mostra diversi circuiti e meccanismi, nel cervello e nelle strutture sottocorticali, che funzionano secondo l'una o l'altra di queste modalita', e la cui attivita' si integra contribuendo a determinare il valore "vitale" di ogni comportamento e guidare cosi' le scelte, le strategie e le pianificazioni comportamentali a breve e lungo termine (...).
Immaginazione e prefigurazione. Nessun dato sensoriale si aggira per il cervello cosi' come e' stato rilevato dagli organi di senso.
Ad ogni stazione di elaborazione, ogni elemento viene messo in relazione in mille modi diversi con altri elementi presenti ed eventualmente passati o possibili, al fine di riscontrare relazioni, schemi, rapporti e strutture piu' o meno complesse.
Il dato che si aggira per il cervello e' cioe' sempre e comunque una forma di percezione - ovvero di riconoscimento - e di attribuzione di significato (per quanto rudimentale).
A livello delle regioni della corteccia dove la percezione si caratterizza piu' precisamente in termini di interpretazione consapevole del dato e dell'esperienza sensoriale, il processo richiede un ruolo attivo di proposta di letture - basate fondamentalmente sul confronto di elementi presenti nell'esperienza attuale, o del quadro nel suo complesso, con conoscenze e vissuti precedenti memorizzati - per assegnare un significato cognitivo e una rilevanza emotivo-affettiva all'esperienza.
L'aspetto critico e' che l'attivita' di produzione di queste letture possibili e' basata sull'immaginazione e sulla prefigurazione dei possibili sviluppi della situazione, e che tale attivita' e' si' di tipo associativo (vengono apparentemente evocate immagini e situazioni in qualche modo legate a quella sotto esame), ma non procede attraverso la selezione della lettura piu' adatta tra le mille possibili presentate contemporaneamente (non e' chiaro chi o che cosa dovrebbe presentare il menu e chi operare la selezione).
Nella prospettiva neurobiologica, ogni istante della vita psichica e' rappresentabile come uno schema momentaneo di attivita' neuronale, e gli schemi che si riproducono tendono a fissarsi nella connettivita' sinaptica della rete neuronale e a riproporsi quando i circuiti vengono attivati in modo simile, anche parzialmente.
Questo da' luogo a meccanismi di richiamo di schemi tra loro legati per semplice condivisione di elementi, o per essersi presentati assieme o in sequenza nell'esperienza passata, o per analogia nella colorazione affettiva...
Ne consegue un processo di esplorazione dell'immaginario, guidata da criteri che non sono ne' sistematici ne' logici, ma piuttosto legati al vissuto (sequenze passate, similitudini percettive, emotive, affettive).
Questa esplorazione personale dell'immaginario ridefinisce in maniera soggettiva il significato e la rilevanza affettiva dei vari aspetti dell'esperienza - per quanto alcune regole generali e criteri di associazione universali possano essere definiti, soprattutto per alcune immagini a forte valenza simbolica - e tale ridefinizione soggettiva puo' essere drasticamente specifica, e talora profondamente deformata (...).

(...) Queste osservazioni, per certi versi demoralizzanti, portano a identificare il bersaglio fondamentale dell'intervento terapeutico nel processo di attribuzione di valore gratificazionale.
E qui, come si e' visto, hanno un ruolo fondamentale aspettazione e prefigurazione: quando domina il disagio, l'aspettazione del sollievo e' piu' forte di ogni altra prefigurazione, a meno di saper recuperare una corretta percezione del vissuto, riscoprendo nel differimento il piacere della pregustazione, e non solo il dolore della privazione, e riappropriandosi, nella scelta degli oggetti gratificazionali e delle strategie, della capacita' di prefigurare il piacere, non il semplice sollievo...
Il terreno della battaglia, in ultima analisi, e' forse proprio quello della attivita' creativa con cui la corteccia esamina l'esperienza, il vissuto, le prospettive, le possibilita', cioe' il terreno dell'immaginazione.
Verso una ristrutturazione ottimistica dell'immaginario, dominato non piu' dal bisogno, ma dal desiderio.