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Intervista ad Antonino Aprea: Psicoterapia Psicoanalitica in ambito individuale, gruppale e istituzionale

Intervista ad Antonino Aprea: Psicoterapia Psicoanalitica in ambito individuale, gruppale e istituzionale
di Redazione

Dott. Antonino Aprea
Preside Scuola di Specializzazione COIRAG. Psicologo, Psicoterapeuta ad orientamento analitico. Coordinatore Servizio di Consulenza Psicologica studenti e docente a. c. Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Docente in Master Universitari di Psico-Oncologia e Cure Palliative. Interessi di studio e ricerca: interventi ad orientamento psicodinamico e multipersonale in ambito sanitario/ospedaliero e nei Servizi di cura alla persona e alla famiglia; relazioni tra Psicoanalisi e Scienze Sociali.

Intervista ad Antonino Aprea: Psicoterapia Psicoanalitica in ambito individuale, gruppale e istituzionale

1) Dott. Aprea, secondo le esperienze vissute attraverso COIRAG, potrebbe parlarci di come sono cambiate le esigenze di chi vuole diventare psicoterapeuta dagli anni '90 ad oggi?
Lo scenario di riferimento per articolare una risposta alla sua domanda non può che prendere in considerazione almeno tre grandi variabili, rispettivamente di natura scientifica, professionale e politico-sociale.
In primo luogo bisogna fare riferimento all'evoluzione della disciplina della Psicologia Clinica e della Psicoterapia. In linea generale potremmo affermare che in questo ambito abbiamo una proliferazione di paradigmi fondati su una certa quota di riduzionismo, centrati sulle dimensioni comportamentali e sintomatiche e poco inclini nelle proprie metodologie cliniche a tenere conto della irriducibile complessità dell'umano. La risultante è quella di approcci alla psicopatologia e al disagio psicologico attraversati da procedure cliniche, più o meno celate, di stampo pedagogico, prevalentemente individuali e poco interessate ai percorsi storico-biografici del soggetto in cura e delle sue appartenenze familiari ed etnico-culturali.
In estrema sintesi, abbiamo molta clinica psicologica e psicoterapeutica in qualche modo "seriale", che applica a soggetti diversi le stesse metodologie più o meno fisse sulla base di diagnosi sintomatiche. In genere è proprio la diversità dei soggetti, la loro singolarità ad essere estromessa dai processi di comprensione psicopatologica e dei progetti di cura che, proprio in virtù di questo, divengono sempre meno "sartoriali".
Dal punto di vista professionale, lo scenario di riferimento non può che essere quello del nostro Paese. Abbiamo assistito in questo ambito a fenomeni di demografia professionale che sembrano non essere più in rapporto alla domanda sociale di cura - peraltro in rapida trasformazione - e agli scenari del mercato del lavoro. Da un lato abbiamo, dunque, una chiara inflazione dell'offerta psicologico-clinica e psicoterapeutica; dall'altra questo processo in atto si coniuga con la tendenza ad una assunzione largamente acritica di un mandato sociale, per lo più implicito, che sottende l'esercizio della professione. Tale esercizio sembra non mettere più in questione lo scenario sociale e politico in cui avvengono i processi di costruzione delle identità, l'habitat in cui si sviluppa la psiche e in cui prende corpo anche il suo disagio. Il mandato sociale che attraversa oggi il lavoro "psi" chiede tendenzialmente agli operatori di favorire, nell'onnipresente e vago riferimento al "benessere", l'adattamento al contesto ed il conseguente sviluppo di performance comportamentali funzionali alla società della competizione dell'"ognuno per sé" o, a seconda dei casi e delle esigenze, del "tutto contro tutti". Quella che è largamente misconosciuta è la relazione strutturale tra mentale e natura dei legami personali e sociali in cui il soggetto è collocato e che attivamente co-costruisce.
Dal punto di vista politico la questione è come viene organizzata e pensata la cura psicoterapeutica nel nostro sistema sanitario e sociale. Il fenomeno assolutamente prevalente è l'espulsione della Psicologia e della Psicoterapia dai Servizi di Salute mentale pubblici, sempre più orientati ad una cura farmacologica del disagio acuto e grave. In ragione di questa trasformazione emergono nuove istituzioni della cura psicoterapeutica nell'area del Privato Socio-Sanitario, realtà che tendono ad accreditarsi e a convenzionarsi con il pubblico. Mentre però, al di là delle derive descritte, per i servizi pubblici abbiamo avuto un mandato etico-sociale sufficientemente chiaro che ispirava (o almeno doveva) gli obiettivi del lavoro clinico e la sua vision, mandato contenuto nei testi delle Leggi dello Stato, questi nuovi servizi del privato o privato-sociale, comunque cruciali per la gestione del disagio psichico contemporaneo, non sappiamo ancora bene a quale filosofia della cura ispireranno le proprie pratiche: saranno orientate al mercato o riusciranno a tenere insieme sostenibilità organizzativa e specificità di un approccio clinico riferito alla psiche, alle sue strutturali dimensioni relazionali e ai tempi specifici della sua evoluzione?
I cambiamenti che ho cercato di descrivere sono degli ultimi 20/30 anni e coprono dunque il tempo della sua domanda, un tempo in cui evidentemente, in ragione di questi mutamenti, cambiano anche le esigenze formative legate alla professione psicoterapeutica.
Io credo che oggi la domanda di formazione, proprio in ragione di questi macro-fattori, sia orientata dall'esigenza di acquisire conoscenze e competenze che permettano di applicare in una pluralità di contesti di cura una clinica della psiche non riduzionistica, capace dunque di tenere viva una tensione verso il riconoscimento della complessità dell'altro, della sua irriducibile singolarità a volte esprimibile solo con il linguaggio sofferto e ambiguo del sintomo. Alcuni di questi contesti della cura sono specifici della salute mentale; altri sono deputati alla gestione di disagi di diversa natura sui quali, in ogni caso, incidono in maniera significativa le variabili psicologiche delle persone che li vivono e dei gruppi a cui appartengono.
Una Scuola di Psicoterapia oggi deve essere attrezzata a trasmettere questo tipo di competenza a governare setting complessi, multi-professionali, in ambiti istituzionali, sociali e sanitari, a forte diversificazione sia clinica che organizzativa.
2) Prima ancora di essere una Scuola quadriennale di Specializzazione in Psicoterapia, la COIRAG è nata come Confederazione di Associazioni di Psicoterapeuti. In quale modo questo può influire sulla formazione degli allievi?
Le Comunità professionali degli psicoterapeuti sono storicamente soggette a due gravi pericoli: il primo, onnipresente, è quello della scissione interna ad opera di sottogruppi che si raccolgono intorno a figure carismatiche; il secondo è quello della cosiddetta endogamia, di una certa dose di autoreferenzialità e perdita di dialogo con l'esterno, segnatamente lo scambio con gruppi professionali portatori di altri riferimenti teorico-epistemologici e di altre prospettive scientifiche e metodologiche.
La COIRAG nasce nel 1983 come Confederazione che statuisce e tutela l'autonomia delle singole Associazioni di terapeuti che si riconoscono comunque in una matrice Psicoanalitica di Gruppo e che si impegnano ad un confronto sistematico tra loro attraverso l'organizzazione di Convegni, Seminari, giornate scientifiche. Dunque la COIRAG, pure all'interno di un riferimento condiviso ad un paradigma, è portatrice di una pluralità di visioni e di modelli in costante dialogo tra loro.
La Scuola che è emanazione della Confederazione non può, in quanto tale, non essere attraversata e rappresentare questa stessa pluralità di prospettive metodologiche e cliniche, tutte comunque collocate dentro una matrice di pensiero comune.
Bisogna inoltre considerare che i saperi che sono a fondamento di questa matrice di pensiero riferita all'Analisi di Gruppo nascono da un dialogo tra Psicoanalisi, Sociologia, Antropologia e Scienze Sociali, dunque saperi arricchiti da questo continuo attraversamento di confini disciplinari.
Credo che questa pluralità, questa apertura verso altri ambiti del sapere, questa strutturale "esogamia" di COIRAG sia un bene prezioso per gli allievi della sua Scuola, che vengono costantemente allenati a leggere (e reggere) la complessità dei fenomeni psichici attraverso l'adozione di prospettive diverse che, al tempo stesso, si traducono in una pluralità di metodologie cliniche e che rappresentano un bagaglio professionale estremamente utile per collocare la propria pratica professionale in contesti di cura molto diversi.
3) All'interno della scuola COIRAG viene rivolta particolare attenzione all'Analisi Istituzionale: in quale modo tale modello clinico può risultare utile per il futuro professionale di uno studente?
La storia della COIRAG è anche - e in larga parte - la storia di tanti psicoterapeuti che hanno lavorato nei Servizi Pubblici e nelle loro articolazioni organizzative territoriali. Questi percorsi professionali hanno aiutato a mettere a fuoco come ogni intervento ed incontro clinico, anche quello che avviene nei contesti privati, sia in realtà collocato in uno scenario istituzionale in genere molto più ampio e complesso, anche se spesso poco visibile.
Lo scenario istituzionale di cui parliamo non è soltanto relativo alle caratteristiche organizzative del Servizio in cui si opera, ma si riferisce anche alla cultura di intervento che nel tempo si è sedimentata in quel gruppo di lavoro per effetto di storie specifiche di gruppi professionali in relazione con fenomeni sociali più allargati (evoluzione giuridica di un determinato ambito, riforme sanitarie, allocazione di risorse economiche).
Saper collocare il proprio intervento clinico in un contesto significa riconoscerne le specificità, comprendere le sue dimensioni organizzative, la sua ritualità comunitaria, capire in che modo quella istituzione incide con i suoi mandati impliciti nella "forma" della cura proposta. Credo che questo sia un sapere essenziale per gli psicoterapeuti contemporanei: riconoscere le dimensioni collettive implicite che incidono sia sulla vita delle persone che curano, sia sulla stessa pratica professionale che essi stessi esercitano.
4) In quali altri ambiti i vostri allievi possono utilizzare le peculiari competenze professionali acquisite durante il percorso di studi che caratterizza COIRAG?
La Scuola COIRAG ambisce a trasmettere competenze che rendano capaci i colleghi che in essa si formano di esercitare una pratica clinica rigorosa (non rigida) e flessibile (non eclettica), analiticamente orientata, in una pluralità di contesti di cura. Dunque non solo lavoro psicoterapeutico in ambito privato ma, come evidenziato in precedenza, contesti istituzionali, enti, organizzazioni che intervengono in ambito sanitario (salute mentale/disagio psichico-relazionale e disagio fisico) o sociale (servizi che nascono in risposta a bisogni sociali emergenti nella comunità), con un'attenzione alle dimensioni psicologiche delle persone e dei gruppi che sperimentano il disagio. In questi contesti le competenze che la Scuola trasmette possono essere utilizzate in chiave clinica, formativa, di progettazione e di ricerca.
5) Uno dei cardini metodologici dell'istruzione COIRAG è la formazione di gruppo a orientamento psicoanalitico: oltre ad insegnare le competenze specifiche per intervenire nei gruppi, gli stessi vengono utilizzati anche a fini formativi. Per quale motivo le attività didattiche della scuola seguono modelli di apprendimento gruppali?
Per la Scuola COIRAG la formazione in ambito psicoterapeutico non può prescindere da una certa qualità specifica del legame formativo. Non si trasmettono infatti solo conoscenze, ma anche un determinato assetto interno nella relazione con l'altro, sia esso paziente o collega. Questi legami formativi devono potersi strutturare lungo un processo che favorisca lo sviluppo nella relazione di quella fiducia necessaria a trattare senza dissimulazioni questioni al confine tra il personale ed il professionale. Sono questioni che incidono in maniera rilevante sui percorsi terapeutici, sulla possibilità che il professionista ha di riconoscere ed utilizzare (senza esserne "agito") le dimensioni co-transferali della relazione di cura e dei contesti in cui essa avviene.
La pratica formativa COIRAG assume che il lavoro in piccolo gruppo analiticamente orientato sia un potente strumento per riconoscere aspetti della propria modalità - molte volte inconsapevole - di entrare in relazione con l'altro, di affrontare le inevitabili conflittualità di questo scambio, imparando ad utilizzare la dialettica dell'incontro come fattore di accrescimento di comprensione dei fenomeni che attraversano il singolo e lo stesso gruppo. Il gruppo, dunque, permette apprendimenti specifici che si nutrono di un continuo rimando dall'esperienza alla teoria, e viceversa.
6) Dott. Aprea, tra i suoi interessi di studio e di ricerca rientrano le relazioni tra Psicoanalisi e Scienze sociali. Potrebbe parlarci delle connessioni esistenti tra questi due settori?
Le connessioni sono amplissime ed articolate. La stessa Psicoterapia à una scienza dell'uomo, in particolare una scienza che indaga una dimensione specie-specifica dell'uomo, quella del mentale (conscia e inconscia, normale e patologica) e delle pratiche per incidere su di essa.
L'epistemologia della matrice scientifica COIRAG riconosce a questa dimensione del mentale una particolare qualità, la sua gruppalità strutturale. Si allude con questo che la psiche umana nasce, si sviluppa, evolve ed involve, dentro e attraverso legami familiari, sociali, comunitari ed è permeata, dunque, di dimensioni sociali che sono sia interiorizzate ad organizzare il mondo interno del singolo soggetto, sia permanenti nel suo mondo esterno come vincoli del suo agire, del suo rappresentarsi, del suo produrre e al tempo stesso esser parte di una cultura, in un luogo, in una determinata epoca storica.
Per comprendere queste dimensioni transpersonali della vita psichica vi è dunque bisogno di una inclinazione scientifica di fondo volta a riconoscere le connesioni tra questa e i fenomeni socio-antropologici e culturali in cui essa stessa si esprime e prende forma. Potremmo dire che per rimanere fedele al proprio oggetto, l'oggetto particolarissimo che è l'uomo stesso con la sua esperienza psichica, la Psicoanalisi deve continuamente storicizzarlo e situarlo, in qualche modo "localizzarlo", ed ha bisogno per farlo delle coordinate offerte dai saperi delle Scienze umane e sociali.
Intervista realizzata dalla
Redazione del Centro HT


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